Giappone annuncia ritiro dall’International Whaling Commission per scopi commerciali
A partire dal mese di luglio 2019 il Giappone riprenderà a cacciare le balene nelle proprie acque territoriali.
La caccia commerciale alla balena è stata vietata nel 1986 ma il Giappone continua a trovare scappatoie per continuare questa atrocità.
“Catture scientifiche”
Le catture delle balene praticata in Giappone viene camuffata come “pesca a scopi di ricerca”, in questa maniera gli armatori possono continuare il loro business a discapito dei cetacei. Il governo Giapponese sfrutta cosi la tolleranza concessa alla pesca a fini di ricerca.
Tuttavia, la carne dei cetacei finisce sempre sui banconi dei mercati ittici, il pretesto scientifico è una menzogna ma in Giappone nessuno si oppone alla cattura delle balene, visto che la loro carne è considerata una prelibatezza.
La caccia alle balene
La caccia alla balena ha origini antiche risalenti almeno al 6000 a.C., ma si sviluppò soprattutto dal XVI secolo nell’oceano Atlantico e dal XIX secolo nell’oceano Pacifico. I primi balenieri commerciali furono i Baschi, si aggiunsero gli Statunitensi ed infine i Giapponesi e proprio quest’ultimi sono detentori di un vero e proprio genocidio di questi esemplari. Nel 1946 fu istituita una commissione internazionale per la caccia alle balene, la IWC (International Whaling Commission), per favorire uno sviluppo coordinato dell’industria baleniera. Inizialmente questa commissione incoraggiò la caccia ottenendo,come risultato, più di due milioni di balene uccise nei primi trent’anni di vita dell’organizzazione. Tuttavia negli anni 80′ la necessità di interrompere l’uccisione indiscriminata di cetacei ha indotto la comunità internazionale ad intervenire e a stabilire delle regole per evitare lo sterminio della specie andando incontro ad alcuni paesi, membri della commissione, ancora favorevoli alla caccia.
La farsa della ricerca “scientifica”
Fingendo di cacciare per fini scientifici, ogni anno vengono uccise 1400 balene. Il Ministro della Pesca giapponese concede il permesso per queste attività di “ricerca” a una società che viene finanziata ogni anno attraverso un sussidio statale di 1.2 miliardi di yen. Molti giapponesi credono alla propaganda secondo cui “le balene mangiano troppi pesci e la quantità di pesce a noi destinata sta calando, perciò la popolazione di balene va ridotta”. Per cercare di smentire questa propaganda basata sul pensiero che le balene siano una seria minaccia per l’economia del “cittadino giapponese”, alcune associazioni come Greenpeace cercano di diffondere immagini e video riguardanti lo sterminio di balene e delfini, sensibilizzando la popolazione locale.