GIOCONDA, LA NAVE DEI SOGNI – 2° puntata – LA PARTITA

2° puntata – La partita – cadenza settimanale – autore Stefano Duranti Poccetti

Una volta entrato, mi resi subito conto che c’era qualcosa di strano. Quella nave non era particolare solo all’esterno. Avevo visto tanti passeggeri accedere, eppure adesso non c’era nessuno. Mi voltai e non vidi più la porta da dove ero passato. C’era davanti a me un corridoio debolmente illuminato da antiche luci a olio. Improvvisamente mi trovai davanti un arcano ufficiale. La sua divisa era logora, il suo volto si perdeva in quella cupa atmosfera. Non parlò, mi fece solo segno di seguirlo e cominciò a camminare con passo marziale. Vedendomi titubante, si voltò per spingermi ad accelerare. Quasi corremmo per quel lungo corridoio. Incontravo strani individui con facce consumate dal tempo, anneriti dal fumo, come fossero operai delle vecchie caldaie marittime. Ogni tanto s’incontrava qualche donna vestita maliziosamente che mi guardava con occhi volitivi. Dei passeggeri che avevo visto sul pontile, non c’era traccia, era come se fossi caduto in un’altra dimensione. Ho chiesto a quella presenza stravagante più volte dove mi trovassi, dove mi conducesse, ma quello non proferì parola alcuna. Sotto di me avvertivo lo scafo leggermente ondulare, non capivo se fossimo o meno già partiti. L’ampia corsia pareva sempre uguale a se stessa, con le sue illuminazioni fiacche, dove di quando in quando s’intravedeva qualche panca spartana, qualche usurato oggetto d’arredamento, qualche fiore appassito, qualche enigmatica porta che non si sa dove conducesse.

Finalmente la mia guida aprì repentinamente uno di questi ingressi. Mi fece segno d’entrare, per poi richiuderla dietro me. Mi trovavo ora in una stanza enorme, con all’interno una quantità spropositata di uomini e donne. Candele e cherosene illuminavano, mentre l’odore di fumo si faceva sentire nell’aria e a tratti si faceva nebbia. alla mia sinistra un piccolo ensemble suonava musica jazz. A destra c’era un bar dove si servivano liquori e distillati. All’interno c’erano affollati tavoli da gioco, con persone che giocavano a carte o d’azzardo, sedendosi alla roulette o scommettendo al blackjack. La cosa che mi stupii enormemente era come fosse possibile che in una nave ci fossero tutti quei biliardi, sia da pool che da snooker. Come faceva la bilia a rimanere in equilibrio sotto i flutti del mare? Ma in effetti adesso non avvertivo le ondulazioni e tutti giocavano tranquillamente. Per inerzia mi avvicinai all’unico tavolo vuoto, che era uno di quelli da snooker. Non che lo snooker si pratichi molto in Francia, ma mi ero appassionato a questo gioco e spesso andavo a divertirmi in una piccola sala di Marsiglia. Lì giunto, mi resi conto che le palle erano già state preparate. La piramide rossa se ne stava sul grande panno verde bruciato e macchiato dalla cenere, circondata dalle altre palle colorate. Per mia sorpresa, dalla folla si fece largo un uomo enorme, altissimo e asciutto. Sarebbe potuto essere benissimo un pugile. Anche questo taciturno, mi guardò coi suoi occhi torridi e col suo sguardo impassibile. Mi diede una stecca e un gessetto senza dire una parola, invitandomi, anzi obbligandomi, a giocare. Dopo tutto, questo mi faceva piacere e vidi subito che intorno a noi si riunì una folta folla di persone che si mise a fumare e osservare attentamente. Il mio innominato avversario mi fece segno che potevo cominciare io, così mi stesi sul tavolo e diedi luogo a una buona apertura, che riportò la battente quasi al punto di partenza.

sala da gioco 1
Credit immagine : Tina Sgrò

Chi conosce lo snooker, sa che le partite sono piuttosto lunghe, non posso quindi riferire tutte le azioni di gioco. La cosa che mi colpì fu che più andavamo avanti più il pubblico diventava ampio e rumoroso. Arrivarono anche gli allibratori e molti cominciarono a scommettere su quella che si presentava come una partita equilibrata. Il mio avversario era un tipo istintivo. Tirava la palla quasi di prima, senza pensare. Spesso imbucava e se non imbucava comunque rimaneva impassibile, senza scomporsi. Per questa sua natura spontanea, non era molto bravo nelle giocate riflessive e difensive e fu proprio grazie a queste che riuscii a tenerlo a bada. In effetti era molto più bravo di me a imbucare. Al contrario suo, sono stato più ponderato nel gioco. Quando mi trovavo in difficoltà, riuscivo a fare qualche bella giocata in grado d’impallarlo, e quello, che non ragionava mai, cadeva sempre in errore, regalandomi punti su punti. Insomma, lui mi superava dal punto di vista offensivo, mentre io lo superavo dal punto di vista difensivo.

Alla fine stavo rischiando veramente di perdere. Sul tavolo solo tre palle: la blu, la rosa e la nera. Se quel gigante avesse messo dentro la blu sarei capitolato. Per mia fortuna mi ero inventato uno dei colpi di cui prima parlavo, riuscendo a nascondergli il colpo, cosicché ora tra la bianca e la blu c’era la rosa. Era costretto a giocare una sponda. Sempre distaccato e rapidissimo, tira, sbaglia e mi prendo quattro punti. Imbuco sia la blu che la rosa e non posso fare altrettanto con la lontanissima nera attaccata alla sponda. Mi accontento di un colpo preventivo e ora siamo precisamente sul cinquanta pari, con quell’ultima bilia che decide tutto.

Il pubblico applaude e grida. Alcuni parteggiano per me, altri per lui. Ormai tutti si sono riuniti a osservare il nostro match. Non c’è più nessuno a giocare a carte, nessuno a giocare ella roulette e a blackjack. Anche gli altri biliardi sono sguarniti. L’orchestra però continua a suonare e i clienti al grande bancone del bar sono tutti girati verso di noi, coi loro gin e whisky tra le mani, mentre in sala il fumo aumenta e l’odore dei sigari, sigarette, pipe si mescola, dando luogo a un insieme disgustoso, eppure così affascinante.

Abbiamo cominciato a darci battaglia con una serie di colpi eccezionali, ma niente, la nera non voleva proprio saperne d’entrare nella rete. Era il mio turno, stavo per tirare io l’ennesimo colpo, ma in quel preciso momento un uomo con la barba bianca entra e comincia a urlare furioso: “Sgomberare! Sgomberare! Fuori dal mio locale! Non voglio allibratori qui! S’è fatto tardi, andate tutti a dormire! Via, via!” In effetti uno sbiadito orologio attaccato alla parete segnava le due di notte. Non capivo come fosse possibile, dato che mi era stato strappato il biglietto nel primo pomeriggio. Tutti se ne andavano e anche io e il compagno di gioco fummo costretti a riporre la stecca. Non ci furono saluti, ce ne andammo e basta, lasciando la stanza completamente vuota. Non saprò mai se alla fine avrebbe trionfato l’istinto o la ragione.

Di Stefano Duranti Poccetti

Agostino
Credit immagine : Agostino Cancogni
Stefano Duranti Poccetti

Gioconda, la Nave dei Sogni

Una storia onirica, che racconta un avventuroso viaggio per mare che inizia a Marsiglia e finisce a Shanghai, dove la realtà si confonde con la fantasia, con il protagonista Xavier che si ritrova in una nave magica, piena di sorprese, di misteri, con personalità originali ed eccentriche. È così che quella che dovrebbe essere una semplice traversata si trasforma in una crociera impensabile e visionaria, in un viaggio che diventa sinonimo di crescita caratteriale e spirituale.

FINE SECONDA PUNTATA

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