Industria nautica italiana tra riforma e trend positivi

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Buone notizie per l’industria nautica italiana. Il report di Deloitte per Confindustria Nautica del 2023 conferma che questo settore produttivo nazionale è in continua crescita fin dal 2021. Tanto che questa industria contribuisce a quasi il 3% del PIL italiano con un valore complessivo per la produzione di nuove imbarcazioni di 3,6 miliardi di euro. 

Non solo. Se la produzione di nuove imbarcazioni è aumentata del 34% tra il 2020 e il 2021, nel 2022 il fatturato dell’industria cantieristica nautica italiana è aumentato di quasi il 20%. Sono cresciute anche le esportazioni, di ben il 34,7%. Tanto che l’industria italiana è la seconda al mondo per produzione di imbarcazioni di grandi dimensioni, con una fetta di mercato globale del 12%. In più, l’Italia è la prima al mondo per la produzione di superyacht, soprattutto per le imbarcazioni da 30-60 metri.

Le previsioni per il 2023 e l’immediato futuro sono altrettanto positive. Infatti, il report Deloitte prevede una produzione nautica italiana di 4,3 miliardi di euro nel 2022. Sia in Italia che nel resto del mondo, il futuro di questa industria sembrano essere le imbarcazioni tra gli 80-150 piedi con l’Europa alla guida del mercato globale. 

“La nautica da diporto italiana si distingue una volta di più come uno dei settori trainanti del Made in Italy», ha detto Saverio Cecchi, Presidente di Confindustria Nautica,”soprattutto grazie all’exploit delle esportazioni della produzione cantieristica e all’abilità dei nostri imprenditori, che hanno saputo navigare abilmente nei complessi scenari economico-politici di questi ultimi anni.” 

Ovviamente, il ruolo dei porti italiani è cruciale per il continuo successo di questo settore produttivo. Sempre più digitali, i porti e le aziende nautiche dell’Italia usano strumenti tech per la loro attività quotidiana. Ad esempio, usano strumenti come la pulitrice ultrasuoni fornita da imprese italiane come RS per una pulizia delicata di ogni angolo, precisa e con diverse temperature.

Inoltre, il porto di Trieste ha annunciato il suo progetto di elettrificazione delle banchine con un investimento di 125 milioni di euro. Tra i lavori del porto triestino ci sono anche l’istituzione dell’area Seca per usare carburanti con una minore percentuale di zolfo e, grazie a questi progetti, il porto punta a ridurre il 70% delle emissioni carbon.

In questo scenario italiano, rimane il nodo della Riforma dei porti. Tra possibili dialoghi sulla privatizzazione oppure su un intervento del governo, aziende, cittadini ed enti nautici stanno aspettando la riforma. Tra le tante idee della proposta della Lega ci sono la richiesta di autonomia dei porti principali e la creazione di una società italiana che possa promuovere questi luoghi. Con critiche sulle concessioni e sull’assegnazione delle competenze, la riforma è in stallo, divisa tra l’Autorità di Regolazione dei trasporti (Art) e Assiterminal, l’associazione dei terminalisti italiani. 

Da Genova, snodo cruciale per la nautica italiana, sono state lanciate idee durante il Genoa Shipping Week. Alcune voci ribattono che le Authority devono rimanere pubblici senza dimenticare l’autonomia finanziaria dei porti italiani. Semplificando i processi produttivi, la riforma potrebbe contribuire ad un ulteriore successo dell’industria nautica italiana. 

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