Di recente un ristoratore ha rilasciato un astice in mare dopo averlo allevato per 20 anni nel suo acquario. In molti si sono chiesti se l’astice, dopo aver passato 20 anni in cattività fosse ancora in grado di sopravvivere in natura. Per alcuni scienziati, l’astice potrebbe sopravvire ai predatori grazie alla sua taglia, l’astice infatti pesava al rilascio ben 10 Kg. Sarebbero veramente pochi i predatori capaci infatti di attaccarlo e ciò aumenterebbe le chances di sopravvivenza in ambiente selvatico.
Secondo gli stessi studiosi, l’astice aveva un’età stimata a 130 anni.
Longevi sicuramente ma non immortali, infatti le aragoste e gli astici muoiono tutti prima o poi anche se non conosce esattamente l’aspettativa di vita di questi crostacei. Ma, non muoiono di vecchiaia. Si, avete letto bene, i crostacei non invecchiano.
L’aragosta secerne costantemente un enzima chiamato “telomerasi” che gli permette di rinnovare le sue cellule all’infinito.
La crescita dell’aragosta avviene grazie alle mute, durante le quali cambia esoscheletro. L’aragosta muta per tutta la sua vita, a un ritmo sempre più lento.
L’aragosta non è immortale, ma non invecchia.
Prendi l’esempio dell’uomo. Siamo tutti fatti di organi e tessuti costituiti da cellule che si rinnoveranno attraverso la divisione cellulare o anche chiamata mitosi . Ma la mitosi ha un prezzo perché ogni volta che la cellula si divide, si perde un pezzo dell’estremità del cromosoma . Fortunatamente, questa parte terminale del cromosoma, chiamata telomero, non contiene informazioni genetiche, quindi anche se una frazione di questo telomero viene persa, le informazioni genetiche vengono conservate. A lungo termine, tuttavia, a forza di divisioni, i telomeri finiscono per diventare troppo corti. Un segnale viene quindi inviato alla cellula affinché interrompa definitivamente le sue divisioni, pena la perdita di informazioni genetiche essenziali. Le cellule che hanno raggiunto questo stato si sono cellule senescenti e, come una macchina, finiranno per consumarsi a poco a poco e morire senza rinnovarsi, e questo per ogni cellula del corpo umano: questo è l’ invecchiamento!
Quindi ciò che rende l’aragosta un organismo così eccezionale è che produrrà per tutta la sua vita un enzima telomerasi, in grado di ripristinare le parti perse alle estremità dei cromosomi e fermare così la loro degradazione nel tempo.
Le cellule allora non avranno più un “fine vita” e l’aragosta sarà un organismo che difficilmente invecchia. Tuttavia la realtà è molto più complicata perché l’eterna giovinezza non è sinonimo di vita eterna.
L’aragosta, infatti, è un animale che cresce per tutta la sua vita attraverso il fenomeno della muta. Vale a dire, una volta che il suo esoscheletro è diventato troppo piccolo, l’aragosta lo abbandona per svilupparne uno più grande, e così via. Ma la muta richiede molta energia e più grande è l’esoscheletro, maggiore è lo sforzo che l’aragosta fa per uscirne. In tal modo, questa situazione diventa inevitabilmente critica quando l’aragosta, che è diventata troppo grande con l’età, semplicemente non avrà più la forza di cambiare esoscheletro. L’animale è quindi condannato a rimanere rinchiuso in un guscio che è diventato troppo piccolo per lui sviluppando così malattie che inevitabilmente gli saranno fatali.
L’aragosta quindi muore con l’età ma senza invecchiare effettivamente, quindi non è biologicamente immortale ma rimane comunque un organismo formidabile che può vivere molto più a lungo di quanto noi mai faremo.
Il mondo marino non ha finito di sorprenderci!