Riftia pachyptila: il verme tubo gigante

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Verme tubo gigante

Riftia pachyptila è un è un anellide polichete della famiglia Siboglinidae. In grado di sopportare temperature elevate e alti livelli di zolfo. questo verme cresce fino a 2,4 metri di lunghezza.

Il verme tubo gigante è stato scoperta nel 1977, durante una spedizione della nave oceanografica Alvin, al largo delle coste della penisola di Baja California, in Messico ad una profondità di circa 2.500 metri.

Il verme tubo gigante é una specie abissale, vive prevalentemente vicino a sorgenti idrotermali profonde spesso associato a fumarole nere.

Questa creatura è caratterizzata da un corpo a forma di tubo. Non avendo un apparato digestivo, R. pachyptila assorbe i nutrienti dal tessuto esterno. Il tessuto é abitato da batteri, se ne possono contare sino a 280 miliardi per grammo tessutale. I vermi tubo estraggono i gas dall’acqua attraverso una sorta di branchie ricche di emoglobina trasferisce l’acido solfidrico nel resto del corpo rendendolo disponibile per i batteri, una simbiosi mutualistica dove i batteri nutrono il verme con composti di carbonio.

Abita in un tubo di chitina che produce autonomamente, fornendogli protezione contro i predatori e le difficili condizioni ambientali. Una delle sue caratteristiche più strane è che non ha bocca, né tratto digestivo, né ano. Si nutre in modo particolare: il suo corpo è riempito da un grande sacco chiamato trofosome, all’interno del quale vivono batteri chimiosintetici. Questi batteri utilizzano l’energia chimica presente nei fluidi idrotermali trasmessi al verme attraverso il suo sistema circolatorio. Le lunghe branchie del verme tubo gigante immerse nei fluidi caldi consentono al verme di estrarre gli elementi chimici emessi dalle sorgenti idrotermali, tra cui l’idrogeno solforato.

Non avendo un apparato digestivo, R. pachyptila assorbe i nutrienti dal tessuto esterno. Il tessuto é abitato da batteri, se ne possono contare sino a 280 miliardi per grammo tessutale. I vermi tubo estraggono i gas dall’acqua attraverso una sorta di branchie ricche di emoglobina trasferisce l’acido solfidrico nel resto del corpo rendendolo disponibile per i batteri, una simbiosi mutualistica dove i batteri nutrono il verme con composti di carbonio.

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